4 maggio: si riapre ma le bambine, i bambini?

Chi si occupa delle bambine e dei bambini se i genitori lavorano e le scuole sono chiuse?
Tutte e tutti hanno avuto ed hanno la stessa possibilità di utilizzare la didattica a distanza?
Saranno ancora le donne a pagare il prezzo più alto in termini di rinuncia al lavoro per occuparsi dei figli?

Il Decreto in preparazione in questi giorni che regolerà la nostra vita dal 4 Maggio in poi prevede la riapertura di molte attività. Prima domanda che mi faccio: se i due genitori devono rientrare al lavoro come si organizzeranno per non lasciare a casa i bambini soli? L’altra domanda che mi frulla in testa da marzo, dall’inizio della quarantena riguarda il diritto allo studio: tutte e tutti hanno avuto le stesse possibilità di accedere alla didattica a distanza?

Il nuovo decreto non è ancora stato pubblicato, certo è che lunedì 4 maggio lavoratrici e lavoratori di tanti settori torneranno al lavoro. Seguendo le indicazioni di medici, virologi ed esperti le scuole non saranno fra questi. La riapertura è prevista per settembre, se tutto va bene. Si parla di centri estivi, forse, ma non si sa. Nel frattempo però, fino alla formale chiusura delle scuole, cosa succederà a chi deve rientrare al lavoro ma non sa a chi affidare i figli? Il tema bambini non sembra riscuotere molto interesse fra i politici, nell’ultima conferenza stampa del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è parlato di bambini solo su precisa domanda di una giornalista. La risposta è stata interlocutoria, ci stiamo lavorando. Per ora si sa solo che i genitori potranno usufruire, da qui a settembre, di un congedo di 15 gg, solo se richiesto da entrambi i genitori, quindi 7 giorni a testa, pagati al 50%. Non è ancora chiaro se il bonus babysitter sarà rinnovabile. Per il resto solo generiche dichiarazioni di volontà, tutto pro futuro.

Le raccomandazioni degli esperti dicono di non affidare i figli ai nonni che sono soggetti a rischio. Si potranno affidare alle babysitter ma come si fa a trovare la babysitter giusta in pochi giorni? Da un punto di vista sanitario come ci si dovrà comportare? Chi controllerà? I costi per gli eventuali tamponi se verranno richiesti, saranno a carico delle famiglie? Oppure basterà il controllo della temperatura prima di entrare in casa?

Leggo che si discute di più stanziamenti: 35 milioni per i centri estivi dal Ministero per la famiglia, la Ministra del Lavoro propone di utilizzare i voucher babysitter anche per il pagamento dei centri estivi. A proposito di Centri Estivi: se e come apriranno, non è dato sapere. Il Presidente dell’ANCI (associazione nazionale comuni italiani) ha annunciato che i Comuni sono pronti e che aspettano i protocolli del Governo, ma il tempo stringe. Abbiamo capito che si devono evitare gli assembramenti che favoriscono i contagi, bisogna dividere i bambini in piccoli gruppi, 3/4 bimbi per educatore ma questo significherà, ovviamente, l’assunzione di molto più personale, leggo che gli educatori dovranno dimostrare di non essere contagiati e francamente mi sembra una follia, il singolo dovrà provvedere a farsi fare il tampone?

In tutta questa confusione ho una sola certezza: ancora una volta saranno le donne che si sacrificheranno per la famiglia. Le letture che faccio in questi giorni, mi confermano che saranno le donne a stare a casa a badare i figli, niente di nuovo sotto il sole, quindi. Anche questa una pessima consuetudine: il lavoro di cura sempre è solo sulle spalle delle donne. In un Paese che conta il meno del 50% di donne occupate, di quanti punti percentuali arretrerà il lavoro femminile?

Su un social mi imbatto in una lettera sfogo di una mamma che conosco. Leggo e rifletto su quanto scrive questa mamma che si barcamena tra lavoro da remoto, figli che si devono connettere con la piattaforma per la didattica a distanza e relativi problemi tecnici. Compiti da fare, intrattenimento da inventare, perché non si può uscire. Casa da tenere pulita, cucinare. Ogni tanto, scrive questa mamma, urla e spesso si sente una cattiva mamma perché non riesce a fare tutto bene. Penso che questa sia la dura realtà per molte, che si lega anche alla preoccupazione per il lavoro e per il futuro. Si fa molta fatica ad essere ottimiste ed a credere che andrà tutto bene. Mi verrebbe voglia di abbracciarla una mamma così e dirle che va bene così, non c’è nulla di sbagliato in quello che fa, lo sta facendo al meglio delle sue possibilità.

A monte di tutto questo e non vivendo personalmente lo stress per la gestione dei figli, quello che mi preoccupa e che vivo come una profonda ingiustizia è quello che l’obbligatoria quarantena ha reso evidente: nel momento della decisione di passare alla didattica a distanza, qualcuno all’interno del Governo, si è preoccupato di capire se tutti avrebbero avuto le stesse possibilità di accedere alle lezioni? Dal momento del tutti a casa, genitori in lavoro da remoto, figli che frequentano scuole diverse, qualcuno si è fatto carico di capire se ognuno avesse la possibilità di accedere e partecipare alla didattica a distanza? Siamo certi che ogni bambino/ragazzo avesse un proprio computer? Qualcuno si è chiesto come poter ovviare? Oppure, visto che i bambini non votano, il problema è stato archiviato? Al più tardi in questo frangente, ci siamo accorti che la realtà è molto diversa da quanto si crede. Tutti iperconnessi ma chi si trova in situazione economica faticosa e magari ha un solo accesso ad internet attraverso il proprio telefono, come può fare? Impedire l’accesso all’istruzione, peraltro obbligatoria e prevista dalla nostra Costituzione, significa privare le ragazze/ i ragazzi di un loro diritto ma soprattutto di strumenti per crescere e diventare cittadine e cittadini consapevoli.

Mi risolleva un po’ lo spirito una chiacchierata con un’amica insegnante di sostegno in una scuola primaria che fa parte di un complesso scolastico grande e ben organizzato. Da subito la sua scuola si è mossa per capire quali fossero le dotazioni informatiche delle famiglie, sono stati recuperati tutti i computer e i tablet disponibili a scuola, un’importante fondazione bancaria del territorio ha donato altri supporti che sono stati dati in comodato d’uso alle famiglie. Mi dice anche che sono stati annunciati fondi dal Ministero ma ad oggi, non si sono ancora visti. Mi racconta che nella sua scuola, hanno approntato un protocollo da sottoporre alle famiglie, perché fosse chiaro a tutti come presentarsi alle lezioni a distanza (per capirci, non in pigiama, colazione fatta, niente mamma suggeritrice) per mantenere il giusto rispetto per l’istituzione scuola. La mia amica mi racconta che la classe è stata divisa in tre gruppi, che ci sono momenti dove sono tutti assieme per mantenere la relazione di classe, che i bambini hanno imparato a spegnere il microfono quando non è necessario e riaccenderlo, dopo aver alzato la mano, per prendere la parola durante le lezioni. Ogni giorno c’è un collegamento, con un’insegnante diversa, i compiti vengono distribuiti e poi corretti, si usano le schede, non si riesce ad andare molto avanti nel programma ma si lavora per rafforzare le conoscenze. Nel suo caso specifico, la mia amica si occupa del sostegno di due bambini, attraverso lezioni singole. Uno viene preparato per la lezione alla quale partecipa con il resto del suo gruppo. Con l’altro che ha delle disabilità gravissime e necessita di altro tipo di sostegno, il collegamento è giornaliero ed una volta alla settimana partecipa all’incontro con la classe in modo da non perdere i contatti e sentirsi parte di un gruppo.

La mia amica educatrice prosegue, raccontandomi delle difficoltà a reinventarsi un modo di insegnare, che la didattica a distanza, non può sostituire quella in presenza, che soprattutto a quell’età, parliamo di scuola primaria, la socializzazione è importante e necessaria. Mi racconta poi che per la preparazione di queste lezioni occorre molto tempo, anche per le insegnanti è tutto nuovo ed inaspettato, bisogna districarsi fra dirette e differite. Chiedo come si immagina il futuro, mi dice che quello che sia lei, sia le sue colleghe vedono in prospettiva è la difficoltà del distanziamento sociale, nei bambini così piccoli non è facile, per quanto si possa spiegare, è naturale nei bambini, toccarsi, stare vicini, altro problema sarà la mensa ovviamente, mi dice che si dovrà proseguire con i piccoli gruppi e per questo ci sarà bisogno sia di un maggior numero di insegnanti sia di spazi, magari utilizzando strutture in disuso come le caserme. Certo bisognerà muoversi subito, il tempo corre e se si vuole essere pronti per settembre le scelte vanno fatte adesso. La sento molto scettica sui centri estivi, le pare che si sia molto indietro nel processo decisionale.

Il nostro Paese si basa sulla famiglia e sui servizi di cura che la famiglia eroga, gratuitamente, spesso andando a sopperire alle mancanze di uno Stato che non investe abbastanza soldi pubblici per la cura e l’istruzione dei più piccoli. Messi fuori gioco i nonni, in quanto a rischio devono essere protetti, con le scuole chiuse e senza alternative, annaspiamo.

Serve tempo, che non abbiamo e sopratutto servono decisioni chiare dal Governo. Solo così si potrà tentare di risolvere un problema che metterà a dura prova le famiglie e i cui effetti pagheremo in futuro.

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