Biancaneve nel Novecento

Biancaneve nel Novecento, recensione del nuovo libro di Marilù Oliva. Storia di donne, fragili e forti allo stesso tempo. La storia intrecciata alla Storia.

Il libro è stato proposto per il premio Strega 2021 da Maria Rosa Cutrufelli. Sul sito potete leggere le motivazioni della proposta.

Una famiglia: Giovanni, uomo affascinante, generoso e fallito, la moglie Candi, donna bellissima quanto esagerata, Bianca la loro figlia che cresce nel disordinato appartamento della periferia bolognese. La loro storia, intrecciata alla Storia. Candi e Bianca, madre e figlia che si assomigliano nel disagio esistenziale. È un desiderio di annullarsi che in realtà viene da lontano, da una tragedia vecchia di decenni e che pure sembra non volersi estinguere mai: è cominciata nel Sonderbau, il bordello del campo di concentramento di Buchenwald.

Recensione

Marilù Oliva ci ha abituato ad uno sguardo femminile sulle vicende. In questo libro torna al romanzo raccontandoci due storie all’interno della Storia. Due protagoniste: Bianca, bambina bolognese negli anni ‘80 e poi giovane donna alla fine degli anni ‘90. Lili, giovane donna francese, deportata nel campo di concentramento di Buchenwald e lì finita nel „Sonderbau“ come prostituta. La storia è scritta in prima persona e alterna nei capitoli la storia delle due protagoniste. Le loro vicende emozionano e provocano grande empatia, all’inizio non capiamo cosa leghi Bianca e Lili, solo verso la fine, in un frangente emotivamente delicato, sapremo.

In questo avanti e indietro si leggono grandi sofferenze, ho provato empatia per queste due donne fragili ma capaci di trovare la forza per reagire, per andare avanti. Ho detestato la madre di Bianca, Candi, per la sua incapacità di amare ed educare sua figlia, per il suo disinteresse. Ho provato orrore e sofferenza per la narrazione sui campi di concentramento e per quello sull’arrivo della droga in città con le sue implicazioni nella vita delle persone. Ho rivissuto momenti di grande tensione nel nostro Paese, Ustica, la bomba alla stazione di Bologna.

Con scrittura delicata ma cruda e realistica, Marilù Oliva usa la leggerezza dove serve, strappando sorrisi e qualche risata e passa a toni più profondi dove le vicende si fanno tragiche, da brividi. Molto interessanti i rapporti fra Bianca e i suoi genitori. Ho apprezzato molto i riferimenti alle vicende storiche con lo sguardo di una bambina; il potere salvifico del sapere, delle parole scritte, che Bianca porta con se nella sua crescita. Con crescente rabbia ho seguito il percorso di Lili, giovane donna strappata al suo mondo, catapultata a Parigi ed infine trasportata in un campo di concentramento e lì, orrore nell’orrore, finita al bordello del campo.

Consiglio di leggere il libro a chi ama le storie di donne, a chi ha voglia di sapere qualcosa di più sulla condizione femminile nei campi di concentramento ma non se la sente di leggere un saggio, a chi è curioso di buttare uno sguardo sugli anni di crescita e formazione di una giovane donna.

E’ una storia che chiuso il libro non ti lascia, come devono fare le buone storie e di questo va reso merito all’autrice, Marilù Oliva.

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