Secondo appuntamento con la Carovana dei Liberi Pensatori. Ieri sera, venerdì 10 giugno, alle ore 21.30 in via Piave (piazzetta). A cura di Sergio Farci, presentazione del libro di Alessandro Bastasi “La scelta di Lazzaro”, Divergenze editore. Con interventi recitati di Francesco Ingrosso tratti dal suo monologo teatrale “Chiedimi chi ero” (dal testo di Paolo Quarta).
Alessandro Bastasi ha accettato di rispondere a qualche domanda.
Alessandro, il libro è stato rieditato e pubblicato da un’altra casa editrice. So che quando lo scrivesti non fu facile trovare una casa editrice disponibile a pubblicarlo. Cosa c’era e c’è di così terribile, indicibile in questo libro?
AB. Forse il tema affrontato, vale a dire il terrorismo. Ne La scelta di Lazzaro metto in scena un ex militante della lotta armata cercando di capire (non di giustificare) le ragioni che l’hanno indotto a prendere quel percorso e quello che gli succede “dopo“, una volta uscito di prigione. Ciò che inoltre aveva spiazzato più di un editore era stato il finale, “terribile, indicibile“, per usare i tuoi termini, ma che ha un precedente nobile in un film di Liliana Cavani, Portiere di notte. Pensa che una casa editrice importante mi disse: “Se cambi il finale te lo pubblichiamo“. Peccato che cambiare il finale avrebbe significato tradire il senso complessivo del romanzo. Ergo, rifiutai.
Facciamo un gioco, se dovessimo inserire “La scelta di Lazzaro“ in un genere, dove potremmo inserirlo (ammesso e non concesso che serva catalogare i libri in un genere)?
AB. Non saprei. Come recita la quarta di copertina della nuova edizione “non è un poliziesco, un thriller o un ritratto storico alla Bukowski di una generazione uscita con troppi acciacchi degli anni di piombo: è tutto insieme e molto di più“.
È un libro complesso, un tema del quale si è scritto molto, soprattutto saggi, ma che ancora fa paura. Come spesso accade la linea di demarcazione fra buono e cattivo non è così netta e proprio per questo inquietante. Mi racconti cosa ti ha spinto a scrivere un libro così?
AB. Ho voluto raccontare, con tutta l’obbiettività di cui ero capace, le ragioni di un fenomeno come la lotta armata e le conseguenze sulla vita di un militante e su quella delle vittime. Io c’ero, ho memoria storica, e per ciò che mi riguarda ripenso spesso a quegli anni, con la consapevolezza di un’occasione mancata per quella scalata al cielo che era nei sogni della generazione del ’68. Anni totalmente rimossi, una rimozione voluta e imposta dalla politica, dai media, come ho detto prima, dai potentati economici, a destra ma soprattutto a sinistra, finalizzata a derubricare a mero fenomeno criminale tutto ciò che riguardava le vicende di quegli anni, come se fossero state un bubbone malato su un corpo sano. Non si è mai voluto, per scelta, addentrarsi in un’analisi puntuale e senza pregiudizi del contesto e delle ragioni politiche che hanno determinato la nascita dei movimenti armati. E secondo me ne stiamo ancora pagando le conseguenze.
Il senso di fallimento personale e politico del protagonista è evidente, la scelta di vivere nell’ombra è espiazione?
AB. Non direi. È più che altro una consapevolezza, il coraggio di accettare di non esserci, di accettare la fine dell‘epoca del mito. Lazzaro non è un pentito, ma sa che deve scomparire, non uscire più dal sepolcro, rimanere in eterno legato alla propria icona, mentre là fuori il mondo procede a scatti, disordinato, senza alcun legame con quello che lui è stato, e che sa che non potrà mai più essere. Poi però succede che il passato gli si ritorce contro, e alla fine dovrà fare una scelta drammatica. L’ultima della sua vita.
Mi hanno colpito molto i personaggi femminili che mi sembrano molto determinati , come ti sei preparato?
Per Franca mi sono rifatto alle testimonianze di Adriana Faranda, laddove dice: “Camminare al margine di una società che non amavo, sottrarmi alle sue norme e ai suoi luoghi per andare a cercare un piccolo spazio tutto mio nel quale dividere con pochi altri i miei ideali, mi sembrò ben presto una prospettiva perdente, misera ed egoista”. Per Samar ho preso come riferimento una ragazza che ho davvero conosciuto a Beirut (con il medesimo nome, peraltro), mentre Barbara, la vera protagonista femminile del romanzo, è l’emblema della devastazione psichica indotta da un atto di violenza che l’ha duramente colpita in tenera età. Anche per lei mi sono basato su un caso simile tratto dalla realtà, che nel libro ho però portato alle estreme conseguenze.
Qual è il tuo ricordo personale di quegli anni Alessandro?
AB. “Cos‘altro ha di meglio da fare una gioventù, se non scendere a liberare dai ceppi la sua Euridice? Chi della mia generazione si astenne, disertò. Gli altri fecero corpo con i poteri forti e costituiti e oggi sono la classe dirigente politica italiana.” Così ha scritto Erri De Luca. E io non posso che associarmi.
Alessandro Bastasi grazie per aver risposto alle mie domande.
AB. Grazie a te per l’ospitalità.
“La scelta di Lazzaro” di Alessandro Bastasi, Divergenze Edizioni
