CHI PIANTA UN ALBERO… (3 ANNI DOPO)

Il taglio del grande pino in piazza Italia, per ragioni dovute al restyling della piazza, ha suscitato un presidio di protesta dei cittadini (domenica 21 novembre) e una pioggia di commenti negativi sui social. Gli striscioni con messaggi di protesta sulle transenne del cantiere sono ancora presenti.

Il tema legato alla conservazione degli alberi aveva già suscitato non poche perplessità in relazione ad alcuni episodi quali il taglio e la mancata ripiantumazione di alcuni alberi al Villaggio, al taglio di grossi alberi nel cortile della scuola di via Giovanni XXIII e dall’aver addirittura asfaltato alcuni spazi delle ex-alberature in Via Carducci di fronte alla “cava”. 

In un articolo di tre anni fa “Chi pianta un albero (nel posto giusto) fa vivere meglio un pezzo di città” provavo a porre come centro della riflessione non solo la quantità di alberi piantati (per fortuna continuano le piantumazioni, prevalentemente all’interno dei parchi) ma come  l’attenzione ai singoli interventi nei vari spazi urbani possano migliorare la qualità della vita nella città. Dall’articolo del gennaio 2019:

Insomma, ben vengano le recenti e significative piantumazioni nei parchi, ma che siano accompagnate da un’attenzione capillare nell’individuare, con l’aiuto dei cittadini, quegli spazi dove piantare o ripiantare nuovi alberi (spesso si tratta di rigenerare degli spazi esistenti nel recente passato). E’ una sfida che nella sua semplicità può portare a una città più bella e più vivibile. Sapremo coglierla?

Penso che questa riflessione sia, ora più che mai, attuale. Perché anche in questo ambito: il saldo positivo è importante, ma non è l’unico criterio per la valutazione di un’azione efficace. 

Speriamo che la disapprovazione e le proteste legate al taglio del pino di piazza Italia portino a una nuova attenzione e tensione propositiva nell’individuare quegli spazi dove un albero possa realmente riqualificare e rendere più bello e fruibile un pezzo di città. Perché davvero sarebbe una sfida persa quella di avere i parchi alberati (ben vengano, ovviamente) ma con marciapiedi e parcheggi spogli, tristi e – in estate – terribilmente roventi. 

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