L'Italia che resiste (foto di Giulia Magri)

Sabato pomeriggio, tempo uggioso. Decido di uscire lo stesso, come sempre in bicicletta nonostante faccia freddino; ed eccoli lì, davanti al municipio, un drappello di una cinquantina di volenterosi autoconvocati: sì, perché questa volta non è un partito, un movimento o una associazione a chiamare all’appello.

L’iniziativa ha attecchito in centinaia città italiane, dice la stampa ufficiale; decine, centinaia – a Torino duemila – sotto pioggia o neve hanno voluto dire no al decreto sicurezza, no a chi vuole innalzare insensate barriere fra i popoli.

Nessuna bandiera, nessun partito od organizzazione costituita ha potuto “metterci il cappello”, solo qualche parola; una poesia dedicata a quel bimbo in fondo al mare con la pagella di scuola nella tasca del giubbotto, nulla più. Il gruppo si scioglie con un appuntamento dettato da un comitato locale per il 9 febbraio.

La comunicazione è passata “sotto traccia” e forse qualcuno non si è presentato proprio perché non si capiva subito chi avesse lanciato l’iniziativa. “Sono le suorine” questo è il messaggio che mi è arrivato; questa volta è il mondo cattolico – quello più aperto – che con un messaggio fatto circolare da persona a persona soprattutto attraverso Whatsapp mobilita la gente: il popolo di sinistra e tutti coloro i quali non si riconoscono (più?) nella politica maschia e prepotente del governo attuale.

E forse è proprio questo l’elemento sul quale riflettere: la forma di questa convocazione non è del tutto originale, ma è totalmente inaspettata in questo momento. Questo potrebbe essere un elemento concreto dal quale ricominciare a ragionare per ricostruire l’argine alle brutture che stanno dilagando.

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